Articles and news related to the Songs For Eternity project

Publication: Frankfurter Rundschau
Von: Thomas Stillbauer
6 Mai, 2018

Ute Lemper singt in Frankfurt Lieder aus den Konzentrationslagern. Ein Triumph der Kunst und des Lebens.

Wenn etwas kaum auszuhalten ist, nein, wenn das Le­ben ganz und gar unerträglich ge­worden ist – dann hilft am Ende doch das Singen und das Fröhlichsein dort, wo sich auch nur der geringste Anlass dazu bietet. Das führt Ute Lemper vor mit ihren “Liedern fur die Ewigkeit”, geschrieben in Ghettos und Kon­zentrationlagern während des Zweiten Weltkriegs. Mit den Liedern bereist sie seit 2015 die Welt; am Donnerstag gastierte sie damit zum zweiten Mal in Deutschland, nach Berlin nun in der Frankfurter jüdischen Gemeinde….

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Photo: Getty images

Publication: Evening Standard
By: SOPHIA SLEIGH
Tuesday 1 May 2018

Former West End star Ute Lemper is returning to London to perform songs written in concentration camps.

The star, 54, who won an Olivier award in 1998 for her role as Velma Kelly in Chicago, will sing songs in Yiddish written by people persecuted during the Holocaust.

Lemper, who was born in Germany to a Catholic family, made her name singing cabaret songs from the permissive Weimar Republic era, including some by Jewish composers who later fled the Nazis or became their victims.

She said: “I felt it was my mission to tell the story of those who were on the other side of the barbed wire. Thirty years ago I started singing the music that was banned by the Nazis.

“Those composers had to emigrate in the Thirties and there is the other side of the story — those who didn’t get out. It’s a personal mission to close the circle. It’s a very different concert. It’s a memorial concert reminding us of a difficult and complicated past.”

She feels the concert in West Hampstead, Songs For Eternity, is timely amid concerns that anti-Semitism is growing. “It’s everywhere — in Germany too there is an uprising in anti-semitism and we see it in France,” she said.

“It grows stronger and I find it absolutely appalling. People are still looking for the black sheep. It is certainly a good time to bring this concert to people.”

Songs For Eternity is at JW3 Finchley Road on May 22 at 7:30pm. Tickets are £28.

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Publication: Frankfurter Rundschau
Date: 12 April, 2018
By: Thomas Stillbauer


„Die Menschen sind kurzsichtig und egoistisch und unverantwortlich“, sagt Ute Lemper. Auch deswegen singt sie auf der Bühne die Lieder für die Ewigkeit.  (Pic : XAVI TORRENT/GETTY)

Chanson-Star Ute Lemper singt und bewahrt Lieder, die in Konzentrationslagern geschrieben wurden. Im Interview erklärt sie, warum es heute wichtig ist, diese Musik aufzuführen, und ob es hilft, zu singen statt zu weinen…

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Date: 21 novembre 2017
Publication: Corriere dello Spettacolo
By: Paola Pini

Songs for Eternity è qualcosa di più di un semplice recital di canzoni scritte nei ghetti o nei campi di concentramento e di sterminio.

Ascoltare Ute Lemper cantare e raccontare assieme a cinque musicisti provenienti da diverse parti del mondo (Vana Gierig, pianoforte; Daniel Hoffman, violino; Gilad Harel, clarinetto; Roman Lecuyer, contrabbasso; Victor Villena, bandoneon), ridà vita alle opere proposte, recuperate con fatica e dedizione e a chi le ha scritte, cantate in quei luoghi, custodite e ricostruite in seguito, se sopravvissuto.

Come giustamente ha detto lei stessa, “chi non c’è stato non può capire”, ma la sua splendida voce e i gesti eleganti e misurati che la sostengono uniti a una determinazione e a un rigore chiari e palpabili, danno corpo a quelle ombre e gli spettatori ne percepiscono la presenza discreta in sala, sedute loro accanto.

Si sentono tante lingue, perché Ute Lemper alterna con naturalezza l’inglese al tedesco, l’italiano allo yiddish e tutto è ugualmente comprensibile, come se la parola fosse un’ulteriore modo per esprimere il suono musicale.

L’artista tedesca, nata dopo la Seconda Guerra Mondiale, è padrona assoluta della scena che occupa dimostrando chiaramente di rispondere a un imperativo categorico, ad una precisa presa di responsabilità e attraverso un repertorio emotivamente forte che con amore interpreta, riesce a ridar dignità a chi è passato attraverso orrori inenarrabili e grazie alla musica, le parole e i racconti creati in quei luoghi più che bui, richiama idealmente chi li aveva pensati, cantati, ricordati dopo essere sopravvissuto e tornato alla libertà.

Perché anche a Terezin e ad Auschwitz il desiderio di vivere era presente; anche lì c’era chi cantava delle ninne nanne. In particolare a Terezin, il “ghetto modello” usato dai nazisti per far propaganda ed offrire al mondo intero l’alibi che permettesse di credere che gli ebrei vivevano beati grazie alla benevolenza germanica, la resistenza contro la morte e l’annientamento dell’anima passava attraverso la musica creata da Victor Ullman, Carlo Taube, Ilse Weber e altri, donne e uomini, che attraverso di essa volevano mostrare a se stessi e agli altri la fiducia in un futuro di nuovo degno per l’Uomo.

La musica, se non viene eseguita è come se non fosse mai stata scritta; le persone, se non vengono ricordate per quello che erano e per ciò che fecero, scompaiono nell’oblio. Continuare a suonare queste canzoni permette a chi le esegue e a chi le ascolta di entrare in una dimensione speciale,

un po’ come in Fahrenheit 451 il romanzo di Ray Bradbury, in cui i ribelli, che si oppongono alla distruzione dei libri attraverso il fuoco, prendono su di sé il ruolo di testi viventi, testimonianza reale di una memoria antica per mantenerla viva.

Il collegamento richiama alla memoria il tanto ripetuto e purtroppo inascoltato monito di Heinrich Heine: “Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini “. Troppo facile riempirsi la bocca di citazioni e poi non riuscire a vedere quanto anche oggi ci si trovi sull’orlo del baratro, come allora di nuovo inconsapevoli. Nella storia è spesso presente il legame fra il pensiero scritto, il fuoco e le persone, a volte più labile, a volte molto stretto e non c’è nessuna differenza tra il distruggere un libro o uno spartito nato dal desiderio di esprimere il proprio animo per consolare il presente e sperare nel futuro proprio e della civiltà umana attraverso racconti, poesie, canzoni.

Ecco allora che l’opera di Ute Lemper, il suo voler ridar vita a tutto ciò va ben al di là di qualcosa di “interessante” o di “bello”: è azione civile, seria, profonda, vera.

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Publication : SaltinAria
Author: 

Nell’ambito delle iniziative per i 70 anni del Piccolo, ben 25.500 giorni di Teatro, è andato in scena allo Strehler di Milano un lavoro appassionato e accurato, condotto da Ute Lemper (voce dello spettacolo) a partire dal 1987 con un grande progetto discografico, dedicato ai compositori di origine ebrea e alla loro musica, straziante testimonianza dell’orrore…

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